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Sullo Stretching

  • Immagine del redattore: Marco Valdettaro
    Marco Valdettaro
  • 16 mag 2018
  • Tempo di lettura: 3 min
Lo stretching

Riporto di seguito uno scritto del Prof. De Pascalis, laureato in Scienze Motorie, già professore a contratto presso l'Università di Macerata, attualmente lo è presso la Facoltà di Scienze Motorie dell'Università di Urbino e presso il corso di laurea in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Foggia, autore di vari testi a temi scientifico sportivo etc.

Non si tratta di uno dei luminari del settore, ma di un professore che cita studi di luminari ed evidenze scientifiche, ho ripreso un suo scritto perché lo ritengo espresso in modo chiaro ed accessibile.

Detto questo, non demonizziamo a prescindere lo stretching, che, ricordiamo si avvale di diverse metodiche (statico, dinamico, PNF) e ad oggi viene spesso preferito per catene dinamiche piuttosto che per singolo distretto muscolare, ma non neghiamo le evidenze scientifiche in nome di consolidate, dannose abitudini.

"......nonostante lo stretching venga utilizzato ancora oggi all'interno del processo di riscaldamento degli atleti, questa procedura è del tutto priva di ogni ragione del tipo scientifico, e crea semmai non pochi problemi. Chiarisce egregiamente questo concetto un articolo di Stephan Turbanski (Stretching e riscaldamento, Sds - Scuola dello Sport, 2005, 65, 27-32) dell'Istituto Scienze dello Sport dell'Università di Francoforte, il quale segnala tra l'altro che, come metodo si riscaldamento, lo stretching è sempre più messo in discussione, sopratutto negli sport nei quali il risultato è deciso dalla forza rapida. In ricerche controllate si vede che lo stretching diminuisce le capacità di prestazione svolgendo un'azione negativa sulla performance degli atleti che molto spesso può essere del tutto compromessa.

Può essere utile citare alcune delle ricerche condotte in questa direzione e riprese da Turbanski:

  • peggioramenti della prestazione nell'altezza di salto in alto dopo stretching (Henning, Podzienly 1994)

  • riduzione dell'altezza di salto e del contatto al suolo nel drop jump (Kunnemater, Schmidtbleicher 1997)

  • riduzione delle prestazioni dall'8% al 10% nella forza reattiva (Bergert, Hillebrecht 2003)

  • peggioramento dei tempi di sprint sui 35 metri piani dopo 15 minuti di stretching (Klee, Wieman 1991)

  • riduzione di forza dal 7,3% al 8,1% in test massimali compiuti dopo allungamento sulla muscolatura degli estensori e dei flessori della gamba (Kokkonen et. al. 1998)

Le ragioni di una simile interferenza negativa dello stretching, quando precede un lavoro di forza, sono imputabili alla riduzione della stifness muscolare, ossia della capacità di accorciamento rapido di un muscolo dopo un allungamento, riducendo quindi il potenziale elastico di una struttura. E' bene precisare che queste considerazioni non sono volte a confutare i benefici dello stretching, tra l'altro anche sul parametro della forza, quanto la sua inopportuna applicazione nella fase di riscaldamento che eventualmente precede un lavoro di forza o, ancora peggio, di forza esplosiva. Oltre alle interferenze sulla muscolatura anche le strutture tendinee, se sottoposte ad un lavoro specifico di allungamento, vanno incontro a creeping, ossia ad una modificazione nell'assetto delle fibre di collagene. Vengono a riorganizzarsi in modalità quasi parallela mentre la loro disposizione fisiologica è di tipo obliquo, al fine di ottimizzare la capacità di acquisire (e restituire) energia elastica, che ne risulta quindi compromessa. Per quanto attiene all'insorgenza della fatica, la fase di allungamento di un muscolo è del tutto simile ad una contrazione di tipo eccentrico e risponde alle medesime conseguenze, compreso l'incremento di microlesioni nella muscolatura o in prossimità della giunzione muscolo-tendinea, determinando in buona sostanza un deficit muscolare prima ancora dell'avvio del lavoro.

Appare fallace anche l'idea di ridurre o prevenire gli eventi traumatici grazie allo stretching, alcuni autori hanno perfino dimostrato un incremento dei casi di infortunio (stiramenti e strappi) in atleti che eseguivano regolarmente l'attività di stretching, incremento probabilmente determinato dalla capacità del lavoro di allungamento di ridurre la percezione del dolore muscolare, innalzando come conseguenza il rischio di traumi....."

 
 
 

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